Imprese alla prova resilienza Covid tra sicurezza e impatto psicologico

Le mantovane Pqa e Nur uniscono le forze: aiutiamo le aziende a superare i nodi della ripartenza

Dal grado di resilienza post-Covid alle misure di sicurezza, dalle introvabili mascherine ai termoscanner imposti all’ultimo minuto, dallo smart working questo sconosciuto ai disagi psicologici. La fase 2 ha rappresentato e rappresenta per le aziende la necessità di far fronte in tempi rapidi a problematicità impensabili solo qualche mese fa. Era il 14 marzo e il protocollo per la prevenzione dal contagio nei luoghi di lavoro era appena stato sottoscritto, quando le due società di consulenza mantovane Pqa e Nur hanno deciso di unire le loro forze per «dare un supporto a chi non sapeva dove sbattere la testa».

L’una specializzata in qualità, ambiente, sicurezza sul lavoro, privacy e l’altra in digital marketing, nel giro di cinque giorni hanno creato “Pronti per la ripresa”, una specie di task force anti-Covid. «Attivando i nostri clienti, fornitori e contatti – spiega Fabio Guizzardi, amministratore di Pqa – e mettendo in campo la nostra esperienza abbiamo capito che potevamo essere utili, fornendo alle imprese gli strumenti giusti per ripartire». E il loro è ora una sorta di osservatorio privilegiato sui tanti nodi della ripartenza.

Quattro i temi caldi individuati: lavoro in azienda; lavoro da casa; comunicazione nell’era del Covid-19; tecnologia e misure di sicurezza. «Ci siamo da subito occupati della redazione dei protocolli per la tutela della salute dei lavoratori, facendo rete siamo poi riusciti a reperire mascherine piuttosto che pannelli in plexiglass o ad indirizzare verso ditte specializzate nella pulizia e sanificazione». Così come nella corsa dell’ultimo minuto ai termoscanner «da affiancare a una corretta informativa sulla privacy». Ma ripartire significa anche «farsi i conti in tasca, capire quanto la propria attività saprà resistere alle nuove condizioni, essere resiliente – spiega ancora Guizzardi – Molti si stanno domandando come e se riusciranno a operare in un contesto così volatile e hanno bisogno di un piano economico e finanziario che disegni gli scenari dell’attività post-Covid».

Ma significa pure affrontare i contraccolpi psicologici di una ritardata se non mancata riapertura, di una cassa integrazione, di un contratto non rinnovato: «Il sostegno psicologico di crisi è un servizio non terapeutico che forniamo, condotto da una psicologa per chi vive momenti di disagio personale». Capitolo a parte lo smart working «che all’inizio è stato disagevole per molti – prosegue Guizzardi – e molte aziende non sapevano da dove partire con strumentazioni, regolamento, gestione di un team o anche solo per la comunicazione in videoconferenza».

Come pure la comunicazione all’esterno: «C’era e c’è la necessità di far sapere ai clienti che un’attività anche se ferma non è chiusa, attraverso newsletter, canali social, motori di ricerca». Non ultimo nodo la capacità di rimettersi in gioco cogliendo le sfide che questa crisi ha lanciato, a partire dall’e-commerce «perché oggi più che mai si impone la necessità di far girare le merci senza far girare le persone».

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