Il 18 ottobre 2016 è stato introdotto il reato di «Intermediazione illecita e sfruttamento del lavoro» nel novero delle fattispecie previste dal D.Lgs. 231/01.
Il delitto de quo è stato inserito nell’articolo 25-quinquies, comma 1, lettera a), del D.Lgs. 231/2001 tra i delitti contro la personalità individuale. L’illecito dell’ente è punibile con la sanzione pecuniaria da 400 a 1000 quote, ma soprattutto con le sanzioni interdittive ex art. 9 comma 2 per una durata non inferiore ad un anno.
Nello specifico, qualora ricorrano i presupposti indicati nel comma 1 dell’art 321 c.p.p. (ossia «Quando vi è pericolo che la libera disponibilità di una cosa pertinente al reato possa aggravare o protrarre le conseguenze di esso ovvero agevolare la commissione di altri reati…»], «il giudice dispone, in luogo del sequestro, il controllo giudiziario dell’azienda presso cui è stato commesso il reato, qualora l’interruzione dell’attività imprenditoriale possa comportare ripercussioni negative sui livelli occupazionali o compromettere il valore economico del complesso aziendale», così come disposto dal primo comma dell’art. 603-bis del codice penale.
L’articolo prevede inoltre, al secondo comma, che con lo stesso «decreto con cui si dispone il controllo giudiziario dell’azienda, il giudice nomina uno o più amministratori, scelti tra gli esperti in gestione aziendale iscritti all’Albo degli amministratori giudiziari…» e, prosegue al terzo comma, stabilendo che «l’amministratore giudiziario affianca l’imprenditore nella gestione dell’azienda ed autorizza lo svolgimento degli atti di amministrazione utili all’impresa, riferendo al giudice ogni tre mesi, e comunque ogniqualvolta emergano irregolarità circa l’andamento dell’attività aziendale. Al fine di impedire che si verifichino situazioni di grave sfruttamento lavorativo, l’amministratore giudiziario controlla il rispetto delle norme e delle condizioni lavorative la cui violazione costituisce, ai sensi dell’articolo 603-bis del codice penale, indice di sfruttamento lavorativo, procede alla regolarizzazione dei lavoratori che al momento dell’avvio del procedimento per i reati previsti dall’articolo 603-bis prestavano la propria attività lavorativa in assenza di un regolare contratto e, al fine di impedire che le violazioni si ripetano, adotta adeguate misure anche in difformità da quelle proposte dall’imprenditore o dal gestore».
L’attuale art. 603-bis del codice penale previsto con il recentissimo d.l.l. C 4008 recita:
«Art. 603-bis. – (Intermediazione illecita e sfruttamento del lavoro). – Salvo che il fatto costituisca più grave reato, è punito con la reclusione da uno a sei anni e con la multa da 500 a 1.000 euro per ciascun lavoratore reclutato, chiunque:
Se i fatti sono commessi mediante violenza o minaccia, si applica la pena della reclusione da cinque a otto anni e la multa da 1.000 a 2.000 euro per ciascun lavoratore reclutato.
Ai fini del presente articolo, costituisce indice di sfruttamento la sussistenza di una o più delle seguenti condizioni:
Costituiscono aggravante specifica e comportano l’aumento della pena da un terzo alla metà:
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